Prendendo in considerazione il livello di coinvolgimento
emotivo rispetto alla paura della guerra , si può dire che si tratta
di un timore molto generalizzato che colpisce più a livello
inconscio che reale e tangibile.
Si tratta di una paura non conclamata, come se questa guerra fosse una
cosa che non ci coinvolge direttamente perché non ci tocca da vicino,
in prima persona e, quindi, è vista come ciò che ci potrebbe
succedere non nell'immediato e non come se le bombe dovessero caderci
sulla testa da un momento all'altro ("…io vivo nel mondo dei puffi…"): si
ha più paura del pennarello che esplode (unabomber) perché
è più vicino alla nostra realtà quotidiana.
Scaturisce innanzitutto una certa diffidenza nei confronti dell'informazione,
nel timore che ci arrivi distorta e che questo sia la fonte di paure ingiustificabili
come quelle verso gli immigrati.
Un altro aspetto della paura nei confronti del diverso è
quello della difficoltà ad essere solidali con lui perché
questo vorrebbe dire avvicinarsi troppo all'altro e quindi mettere in discussione
anche se stessi. Sempre rispetto ai mezzi di informazione la paura è
anche per i bambini, i figli, costretti, guardando la TV, a crescere con
le immagini della violenza.
Sfiducia si manifesta anche nei confronti della collettività, quando
la massa viene vista come incapace di distinguere e di comprendere le bugie
e i giochi dei potenti. I potenti non si muovono nella direzione della pace
e quindi non rappresentano quella grande porzione di cittadinanza pacifista.
La guerra inoltre aumenta il rischio di azioni terroristiche anziché
diminuirlo.
Risulta ulteriormente preoccupante il fatto che uno stato abbia la supremazia
su tutti gli altri e calpesti i diritti umani e le norme di diritto internazionale.
Non emerge il timore di un coinvolgimento diretto dell'Italia in questo
conflitto nonostante venga riconosciuta la sua posizione vulnerabile nel
bacino del Mediterraneo. Si manifesta invece insicurezza e riluttanza ad
effettuare dei viaggi all'estero; i territori di alcuni paesi stranieri vengono
considerati aree a rischio di terrorismo, soprattutto nel periodo dell'abbattimento
delle torri.
Forse si ha paura più per gli altri che per se stessi quasi si
volesse allontanare da sé il problema, "tanto", dice qualcuno, "al
giorno d'oggi si fa fatica ad essere sereni per qualsiasi cosa, è
un continuo stare allerta"; alla fine pare che l'umanità si
sia rassegnata perché tanto prima o poi qualcosa ci deve accadere.
Morire sulla strada, a casa propria o durante un combattimento vengono
viste come cose fortuite ed entrambe inevitabili, poste sullo stesso livello:
accada oggi o accada domani, bisogna comunque vivere in qualche modo e quindi
la paura della guerra rimane accantonata altrimenti non sarebbe possibile
riuscire a vivere una vita apparentemente tranquilla.
Domanda
La paura del diverso indirizzata su soggetti esterni e lontani, fa parte di un meccanismo di rimozione delle contraddizioni della società moderna, che offre a tutti promesse di ricchezza e felicità, ma sullo sfondo di crescenti problemi di sostenibilità, ingiustizia e disuguaglianza , problemi che potrebbero generare ansia o contraddizioni nei propri valori?